venerdì 24 febbraio 2012

Campus di fotografia TF | Laura Cantarella | LA LOGICA DELL'IMPERMANENZA


Non c’erano luoghi sacri una volta per sempre, destinati, ombelicali, come quelli dei templi. Il luogo sacro era la scena del sacrificio, che andava scelta ogni volta seguendo criteri fissi: «Oltre a stare in alto, quel luogo dovrà essere piano; e, oltre ad essere piano, dovrà essere compatto; e, oltre ad essere compatto dovrà essere inclinato verso est, perché est è la direzione degli dei [...]»
Alto, piano, compatto: questi i primi requisiti del luogo del sacrificio. Come se si volesse definire una superficie neutra, una tela di fondo su cui disegnare i gesti con perfetta naturalezza. È l’origine della scena come luogo predisposto ad accogliere tutti i possibili significati. Quanto di più moderno, - anzi, la scena stessa del moderno.
Roberto Calasso, l’Ardore




Nelle terre fragili tra Messina e Taormina l’incombente rischio idrogeologico e le sue inenarrabili ¹ conseguenze condizionano la percezione del luogo nella direzione di un’attenzione urgente al tempo presente. La stratificazione storica passa in secondo piano.

Per questo il viaggio inizia dai luoghi del presente: dalla densa città lineare che si è sviluppata lungo la costa e dalle infrastrutture a scorrimento rapido che scorrono parallele ad essa, risalendo poi le vie di comunicazione storiche tra la costa e l’entroterra – le fiumare –, per giungere agli antichi percorsi sui crinali delle montagne.

In questo percorso a ritroso nel tempo si manifestano alcuni paesaggi inediti, spazi informali non predisposti o pianificati per le attività che in essi si compiono: abitare, discutere, lavorare, giocare, archiviare, compiere riti.

Se in alcuni casi le abitazioni e gli spazi pubblici “ufficiali” sono abbandonati, distrutti, incompiuti, questi spazi marginali non pianificati si manifestano come vivi, mutevoli, interpretabili, a volte in aperto contrasto con la normativa, in molti casi al limite dell’appropriazione per uso privato, ma in qualche modo espressione di una volontà di resistere, di negoziare con il luogo la stessa presenza dell’essere umano in quello spazio.

Risalendo le montagne ed allargando la visione si comprende come, tanto alla scala geografica quanto alla scala di quello che possiamo definire in senso lato come spazio pubblico, quello che più caratterizza questi luoghi sia la logica dell’impermanenza. Questi luoghi, come altri colpiti da traumi naturali o generati dall’uomo, sembrano suggerire l’opportuna temporaneità di ogni forma insediativa e l’inadeguatezza delle normative a dare forma e regole fisse e predefinite allo stare nel mondo, all’abitare, appunto.

¹ . Da un documento del 1835
















Laura Cantarella
assistente: Andrea Tarda



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